giovedì 17 maggio 2007

Si ad una forza comunista e all’unità d’azione delle sinistre

Di Leonardo Masella
da "Liberazione", martedì 15 maggio 2007

Il congresso dei Ds chiude, dopo 18 anni, la fase avviata dalla Bolognina di Occhetto, una fase caratterizzata più che da una nuova identità, dal rifiuto di quella comunista, abbandonata la quale quel partito (Pds-Ds) per anni ha navigato “in mare aperto”, senza identità e senza un suo pensiero, alla mercé delle altre ideologie forti, innanzitutto alla mercé del “pensiero unico” capitalistico (liberismo, flessibilità del lavoro, privatizzazioni, guerra umanitaria, sistema elettorale maggioritario, eccetera). Sospinta da tutte le onde e i venti forti, senza una propria bussola, nonostante un bravo nocchiero come Massimo D’Alema, quella nave è approdata, come inevitabile e facilmente prevedibile, su una terra moderata. E’ paradossale ma forse significativo, che una volta smarrito ogni riferimento all’identità comunista, fra i tanti importanti dirigenti del Partito Comunista Italiano (sono stati tutti dirigenti del Pci: D’Alema, Fassino, Angius, Mussi, Salvi, Cossutta, Tortorella, Occhetto, Folena, eccetera) si contino sulle dita di una mano quelli che si dichiarano “comunisti”. C’è chi se ne è andato persino a destra, c’è chi è approdato al partito democratico, chi si sente “socialista”, chi semplicemente “di sinistra”. E comunista ? Sembra non solo che non lo sia più nessuno, ma che non lo sia stato mai nessuno in questo paese, patria del trasformismo.
Il congresso dei Ds è dunque un evento negativo, non si può essere contenti: è una ulteriore obbiettiva spinta a destra del quadro politico italiano. L’altra faccia della medaglia di questo evento è la decisione dei leaders delle mozioni di opposizione (Mussi, Salvi ed Angius) di non entrare nel Pd, di dare vita ad una nuova forza di sinistra, appartenente al Partito Socialista Europeo e all’Internazionale Socialista, e di costruire convergenze unitarie con le altre forze di sinistra. Apprezzo il coraggio e lo spirito controcorrente di questo atto, un bell’esempio di coerenza che contrasta col dilagante conformismo che sta prendendo piede dappertutto ed anche nella sinistra radicale e nel nostro Partito. Non apprezzo e non condivido, infatti, il coro entusiastico, che si è manifestato fra diversi massimi dirigenti del nostro Partito ed in particolare nel nostro quotidiano, proteso ad approfittare della scissione della sinistra Ds per proporre di superare Rifondazione Comunista in un nuovo soggetto-partito di sinistra più moderata. Sembra quasi che vi siano dirigenti di Rifondazione che non vedevano l’ora che arrivasse un evento come questo per liberarsi finalmente del fardello di questa “pesante identità” comunista, a cui pochissimi ormai anche nel Prc fanno riferimento pur solo lessicale. E non prendiamoci in giro: la rifondazione di un partito comunista non può significare la sua trasformazione in altro, come sostiene autorevolmente Alfonso Gianni. Anzi, al contrario, se è vera innovazione e rifondazione è proprio l’opposto di un suo superamento. La verità è che stiamo vivendo una fase simile a quella dei Ds, senza una precisa identità, “in mare aperto”, con un nostro pensiero che era radicalmente alternativo ma che va sempre più perdendosi da quando siamo nel governo. Che porta la compagna Ritanna Armeni a sostenere (su Liberazione dell’8 maggio) che la sinistra radicale francese, invece che ricercare un candidato comune (come io credo), avrebbe dovuto sostenere già dal primo turno, con la cosiddetta “generosità”, la candidata della sinistra moderatissima Ségolène Royal. Un harakiri, come l’ha definito Sansonetti per i Ds. E non mi si dica che rappresenta una nuova forte identità, in grado di contrastare questo esito moderato, quella del nuovo soggetto politico della Sinistra Europea, mai stato così debole sia in Italia (dopo l’evento Mussi) che in Europa (dopo la catastrofe del Pcf). Rischia di essere, anche senza volerlo, solo un passaggio intermedio e propedeutico di cessione di sovranità verso il nuovo più ampio soggetto politico di sinistra.
Eppure una soluzione ci sarebbe. C’è uno spazio considerevole, sia nella società che nella sinistra politica. L’unica identità forte che tocca a noi rilanciare nell’agone del dibattito proficuo che si è aperto a sinistra (non solo con Mussi ma anche col Pdci) è una nuova identità comunista e antagonista al capitalismo, attorno a cui ricostruire un nuovo processo unitario rifondativo, del pensiero, della pratica politica e dell’organizzazione comunista, che non può che fondarsi sul superamento di quella vecchia cultura politica comunista moderata e “riformista”, politicista e ideologica, la cosiddetta “cultura di governo”, che ha portato allo scioglimento del Pci, alla nascita del Pds e poi al Pd, lontana ed ostile ai movimenti, al conflitto sociale, ai fermenti più vivi della società, alle lotte anticapitalistiche cosi come esse oggi si presentano, non come le vorremmo (c’entra qualcosa il disastro del Pcf con la sua inesistenza nella rivolta delle banlieu e nella lunga lotta dei giovani studenti precari contro il Cpe?). Solo se c’è il rilancio – nelle lotte di classe, sociali, civili, democratiche, antimperialiste e pacifiste – del processo di rifondazione di una moderna forza comunista con una “massa critica”, è condivisibile la proposta del segretario Giordano di un patto di unità d’azione, altrimenti questa appare solo come una tappa iniziale del processo di costruzione di una nuova formazione politica di sinistra e più moderata dentro cui superare e sciogliere, alla fine, il Prc, come ha proposto, del tutto legittimamente e con grande onestà intellettuale, Alfonso Gianni.
Ho trovato molto condivisibile quanto ha scritto nella sintesi del suo intervento all’ultimo Cpn Nicola Fratoianni e il fatto che venga da parte di un giovane compagno è ancora più importante: “Una cosa è l’unità d’azione basata sui programmi che si può realizzare da subito a partire dalla costituzione del coordinamento dei gruppi parlamentari. Tutt’altra cosa la convergenza in un unico partito: la confusione dei due piani produrrebbe immobilismo sul piano dell’iniziativa politica e, paradossalmente, ulteriore frammentazione… La riflessione sul “socialismo del XXI secolo va di pari passo con il processo – per noi essenziale – di una <> e, dunque, con il rilancio di una forza comunista nel nostro paese”. Questa tesi è l’opposto di quella di Alfonso Gianni e di altri, e dimostra sia che ci sono posizioni diverse ed opposte nella maggioranza che governa il Partito (come si vede anche dal dibattito in tantissime federazioni), sia che, anche per questo, è l’ora di manifestare apertamente, sia pure con spirito costruttivo, le proprie idee e le proprie critiche, senza nuovi sommergibilismi e appiattimenti burocratici.
Un partito, tuttavia, non può vivere a lungo con questa incertezza permanente, senza sapere cos’è e cosa vuole diventare da grande. Gli eventi degli ultimi tempi (la costituzione di Sd e il riavvicinamento col Pdci) ci obbligano a delle scelte chiare, altrimenti rischiamo grosso. E’ venuto il tempo di decidere, democraticamente, con una discussione aperta, sincera fino in fondo, nella quale le diverse proposte, assolutamente trasversali alle vecchie mozioni congressuali, possano confrontarsi pacatamente ma limpidamente, senza equivoci e trasformismi, per assumere le decisioni storiche all’altezza della situazione.